Intervista a... Sonia Roccazzella

Inizio subito col complimentarmi per la tua opera, per lo stile decisamente personale, per la semplicità con cui riesci a descrivere concetti a volte anche complessi. È una forma di esposizione e di narrazione diversa dal solito, che mi piace definire viva, diretta, essenziale.

«Cerco sempre di scrivere nel modo in cui a me piace leggere» esordisce lei. «Io amo da morire raccontare le mie storie attraverso i “famigerati” dialoghi e le chiacchiere dei protagonisti, sistemi spesso contestati da una precisa elite di scrittori e lettori doc. In fondo è attraverso le parole con cui interagiscono i personaggi che un romanzo riesce a prendere vita e a sembrare vero. Non attraverso le mie. Non amo molto i virtuosismi e i funambolismi fini a se stessi: il rischio di apparire ridicoli, se alla base dovesse esserci poca sostanza o concetti non condivisi dagli altri, è davvero alto.»
 
Un concetto ben diverso rispetto quello espresso dai tanti lettori e scrittori con cui mi interfaccio da sempre per lavoro, ma che in effetti non fa una piega.

«Esistono diversi modi per scrivere e diversi modi per leggere» aggiunge. «Ed esistono diverse categorie di lettori. È giusto rispettarle tutte e offrire a ciascuna di esse il libro giusto, quello scritto apposta per loro. Un po’ come succede nella musica e nel cinema: esistono diversi generi, diversi stili, diversi modi di trasmettere un messaggio o anche solo un’emozione del momento. Ed è giusto che il pubblico abbia la possibilità di scegliere e decidere liberamente cosa è più attinente al proprio gusto, al proprio modo di essere, al proprio modo di emozionarsi.»
 
Quindi anche tu, come noi, sei del partito “Non esiste un solo modo per scrivere”?

«Assolutamente sì. L’unico modo corretto è scrivere in italiano, rispettando le regole della logica, della grammatica, della sintassi: su quello sono paranoica al massimo, lo confesso. E inorridisco ogni volta che sui social vedo come la nostra lingua sia sconosciuta a una larghissima fetta di nostri connazionali. Perché è così difficile capire quando una “e” va accentata e quando no? Ma solo io e pochi altri seguivamo le lezioni di grammatica, a scuola?» ride.
 
Rido anch’io, curioso di rivolgerle una domanda fuori copione:
 
Non mi dirai che sei una di quelle che sui social fa la maestrina e fa notare tutti gli errori di grammatica ai poveri malcapitati che scrivono, vero?

«Proprio no: sono assolutamente per il “vivi e lascia vivere”. Finché non verrà in mente anche a loro di scrivere un libro, che scrivano come vogliono. E poi scrivere sui social qualcosa per contestare qualcuno è più pericoloso che dire “idiota” a qualcun altro faccia a faccia.»
 
Ahi-ahi, quanto è vero!

«Puoi essere diplomatica quanto vuoi, ma se esprimi un concetto che è in netta contrapposizione col pensiero di qualcuno, puoi essere fraintesa e insultata a oltranza. Una volta mi è capitato di scrivere su Facebook una battuta simpatica e divertente su un politico molto bersagliato all’epoca. Tra i tanti apprezzamenti alla battuta, spiccò l’intervento di una fanatica di quel politico che me ne scrisse di cotte e di crude, senza che io avessi detto nulla di offensivo. Quindi, ne dedussi, di politica non si può parlare. Un’altra volta pubblicai una lettera simpatica e divertente (assolutamente non offensiva) rivolta ai simpatici messaggeri di Dio che la domenica mattina vengono a suonare ai campanelli disturbando il nostro sonno. Ebbene, qualcuno segnalò la cosa a Facebook che, senza neanche controllare, mi intimò di rimuovere il mio contenuto, pena la chiusura dell’account. Quindi, ne dedussi, di religione non si può parlare. Di che parlare, allora, per non urtare la sensibilità di nessuno?»
 
In teoria ci sarebbero cantanti, attori, musicisti, personaggi di spettacolo…

«L’hai detto, in teoria! Fai attenzione, però, perché se vai in giro per il web trovi dispute accese e insulti che volano tra gli utenti che commentano una determinata notizia o un determinato personaggio. C’è sempre quello che difende a spada tratta il proprio idolo e risponde puntualmente al denigratore di turno con frasi del tipo “Sei invidioso”, “Non capisci nulla”, o altri epiteti poco carini, come se esprimere un concetto diverso equivalga a insultare. Morale della favola: da persona che ha scelto di condurre una vita tranquilla e serena, mi tengo lontana dai social e dalle discussioni in genere.»
 
In effetti a prima vista sembri davvero una persona molto pacata e pacifica. Ma il giornalista che c’è in me cerca un po’ di provocazione: cos’è che ti fa arrabbiare in genere?

«Per fare arrabbiare me è sufficiente un po’ di traffico per strada o essere costretta a fare file interminabili alla posta o alla cassa del supermercato. Insomma, tutto quello che mi fa perdere tempo! Se sono da sola, potrei limitarmi a mugugnare, a sbuffare, ad alzare gli occhi al cielo; ma se sono in compagnia, potrei anche lasciarmi andare a imprecazioni poco orecchiabili, perdendo la mia aria pacifica e assumendo quella di una persona acida e antipaticissima» ride ancora.
 
Cosa non sopporti, invece, nelle persone?

«Su questo argomento potrei scrivere un libro intero! Ho una lista nera interminabile, la vuoi vedere? In linea di massima non sopporto quelle che devono importi il proprio modo di essere e di fare, e non si rendono conto che possiamo anche essere diversi e avere aspettative e ambizioni diverse, nella vita. Questo è un modo che mi serve per catalogare le persone da ritenere amiche e differenziarle da quelle da inserire nel mio libro nero. Ho persino imparato a mettere subito le mani avanti, mettendo in rilievo le mie caratteristiche più antipatiche, quelle che di solito danno più fastidio.»
 
Qualche esempio?

«Mi vuoi proprio fare odiare, eh?» ride. «L’esempio più eclatante (e antipatico, lo riconosco!) è che io odio profondamente parlare al telefono, quindi chi vuole instaurare un’amicizia con me deve sapere che io non telefono mai; e non rispondo mai al telefono. In fondo esistono i messaggi, esistono le e-mail, esiste Facebook: di certo non ci si perde di vista dato che ci sono mille altri mezzi per comunicare. Il telefono mi disturba profondamente, non posso farci niente. Per me è solo un mezzo da usare in caso di estrema necessità. I miei veri amici capiscono e se ne sono ormai fatti una ragione. Però c’è anche gente che non tiene minimamente in considerazione il tuo modo di essere e si ostina a fare quello che vuole. Io, per fortuna, non soffro i sensi di colpa e non sento la necessità di accontentare chiunque a qualunque costo, semplicemente perché non mi interessa piacere a chiunque a qualunque costo. A me piace interfacciarmi con persone mentalmente aperte, che sanno che ci si può voler bene anche se si è profondamente diversi e non si condividono interessi e passioni: basta sapersi rispettare.»
 
Wow, sei una vera tosta, allora. Molti pensano che basta saper alzare la voce per fare i duri; invece bisogna solo essere fedeli a se stessi. 

 «Hai centrato il punto. Ci sono quelli che si sentono più forti perché sanno alzare la voce e cercano di pretendere la ragione solo per partito preso, anche quando dicono emerite fesserie. Secondo me la capacità di ascoltare, di mantenere la calma e di confrontarsi alla pari con gli altri è il primo segno di forza di una persona. Invece quando tu agisci con arroganza contro qualcuno, stai solo mettendo in mostra tutta la tua debolezza e insicurezza.»
 
Immagino tu non sia un’insicura, vero?

«Proprio per niente. Per questo non ho mai motivo per alzare la voce contro gli altri: non devo dimostrare niente a nessuno e non mi sento meno forte o meno sicura se non riesco a far capire a un altro il mio punto di vista o la mia presa di posizione. Non lo capisce? Il problema è suo: io non ci perdo certo il sonno.»
 
Sei la mia donna ideale, sai?

Ride.

«Peccato per l’età, però. Sei un po’ troppo giovane, per me.»
 
Un po’ come Brian, il protagonista del tuo bellissimo romanzo, e Vera, la bellissima ragazza bionda sulla panchina. No?

Ride ancora.
«Certo, senza dubbio. Hai letto il finale, però?»
 
Stavolta rido io. Sonia è davvero simpaticissima, ci uscirei volentieri a cena. Ma proviamo a indagare sui suoi gusti in fatto di uomini.
 
Il tuo uomo ideale?
«Non esiste: deve essere necessariamente bello, intelligente e colto.»
 
Eccomi qua, allora. Perché dici che non esiste?

«Sono tre concetti che non legano molto. Perché se un uomo è colto e intelligente, non cura esageratamente la bellezza; però un uomo per mantenersi bello deve curarsi almeno un po’. E a me non piacciono gli uomini vanitosi. Però mi piacciono gli uomini belli.»
 
Stai scherzando, vero?

Ride di gusto: secondo me mi sta prendendo un po’ in giro.
«Ma certo che sto scherzando. Non scriverai proprio tutto, spero.»
 
Certo che scrivo tutto. Anche se mi sono appena accorto che siamo usciti parecchio dall’impronta che avrei voluto dare all’intervista. Mi sa che a questo punto ci leggeranno solo i gossipari: i lettori seri ci avranno abbandonato già parecchie righe fa.

«Meglio. In fondo i lettori più gradevoli sono quelli che amano anche divagare e non prendere tutto troppo sul serio. Un lettore “serio”, come dici tu, in fondo, non leggerebbe mai il mio libro; e se dovesse leggerlo lo catalogherebbe subito tra i libri per casalinghe e adolescenti.»
 
Tu, invece, come classifichi il tuo libro?

«Un libro per casalinghe, adolescenti e giovani adulti, tre bellissime categorie che rappresentano un pubblico gradevolissimo e attentissimo. Mi piace scrivere per chi nella lettura cerca semplicità ma solidità, romanticismo ma non banalità; per chi è ben radicato nella vita reale ma riesce anche a guardare oltre, consapevole che oltre alla propria vita e realtà quotidiana, esistono modi di vivere, di fare, di pensare diametralmente opposti. Il mio libro può piacere solo alle persone mentalmente elastiche e curiose.»
 
E a chi non è mentalmente elastico e curioso cosa consigli?

«Ci sono milioni di altri libri in commercio: ce ne saranno sicuramente altri più adatti a loro. Non sono così brava da individuare il libro giusto per tutti, sai? Ognuno si scelga i propri. Io scelgo quelli che piace leggere a me.»
 
I tuoi libri preferiti?

«Io sono una fanatica della narrativa classica e dei libri ambientati in contesti storici. Uno dei miei libri preferiti è “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Ho un’intera bibliografia, sia fisica sia digitale, dedicata ai libri ambientati in quel preciso contesto storico, molti dei quali testimonianze autentiche. Da brividi: riesci a capire a cosa potrebbe arrivare un uomo se qualcuno, dall’alto, lo convincesse dell’importanza di essere tutti uguali e di perseguitare chi non rientra nei canoni che “quel qualcuno” ha deciso di omologare. Da questa considerazione parte la mia profonda avversione verso chiunque non sia in grado di rispettare il modo di essere, di vivere, di fare degli altri. In fondo-in fondo, nel loro piccolo, sono esattamente come chi perseguitava i cosiddetti “diversi” in quel periodo storico. Se partissimo dal presupposto che siamo tutti diversi e che non esiste e non può esistere mai il concetto di “normalità”, credo che andremmo tutti un po’ più d’accordo. Semplicemente perché nessuno avrebbe più la pretesa di imporre agli altri il proprio modo di essere. Concetti puramente utopistici, eh?»
 
Saranno anche utopistici, ma li condivido al 100%. Cos’altro hai letto, recentemente?
  
«Di recente ho letto “Traslocando” di Loredana Berté, che ho già visto nella vostra vetrina, e “Le Otto Montagne” di Paolo Cognetti, il vincitore dell’ultimo Premio Strega. Adesso sto leggendo “Sono stato più cattivo” l’ultimo libro di Enrico Ruggeri, che è bellissimo. Anzi, vi suggerisco di inserirlo tra i consigli di lettura del giorno perché è davvero molto intenso, ricco di emozioni. Una scrittura molto bella, quella di Ruggeri, che apprezzo molto anche come cantautore.»
 
Lo inseriremo senz’altro tra i prossimi titoli. Parliamo di musica: sei fan della Bertè e di Ruggeri, immagino.

«In realtà della Bertè mi ha incuriosito il libro, che mi è pure piaciuto molto; ma non l’ho mai seguita molto come cantante. Di Ruggeri, invece, ho diversi CD, tra cui il bellissimo (e fichissimo!) cofanetto “Cuore, Muscoli e Cervello”: confesso che è uno di quelli che ascolto di più quando scrivo perché mi ispira tantissimo. Mi piace molto la linea artistica seguita da Ruggeri, sia per i testi, sia per la musica. Ci sono pezzi che definisco puri capolavori.»
 
Cos’altro ascolti mentre scrivi?

«La musica è parte essenziale della mia vita. Sono una fan storica degli Europe, che rimane la mia band preferita, l’unica per la quale farei follie per riuscire a vederla dal vivo quando viene a suonare in Italia; poi ascolto tanto Bon Jovi (i vecchi Bon Jovi, però, quando erano una band veramente rock), Scorpions (che sono sempre-verdi e sfornano album sempre meravigliosi nonostante il passare degli anni, forse gli unici che hanno mantenuto sempre la stessa linea, arricchendo gli arrangiamenti senza stravolgere il loro stile), il vecchio Elton John, il vecchio Robbie Wiliams, i vecchi Toto. Sottolineo "vecchi" perché non li seguo attualmente, quindi non so se musicalmente hanno fatto qualcosa di nuovo. E poi… boh? Tanti altri “vecchi”. Ho un elenco così lungo, che va a finire che il resto dell’intervista diventa solo un elenco di cantanti e gruppi musicali.»

Ti piace andare al cinema?

«Ho poco tempo a disposizione, quindi guardo davvero pochissimi film, sia al cinema, sia in dvd. Ma pensi che ai lettori interessi conoscere i miei film preferiti?»
 
Ah, non ne ho idea. Io lo sto chiedendo perché interessa a me.

Scoppia a ridere.

«Non sono un’esperta di cinema, perché bazzico veramente poco il settore. Non amo le produzioni italiane in genere, né la recitazione tipica degli attori nostrani contemporanei. Mi piacciono i film di Di Caprio, ma i miei preferiti restano in assoluto quelli di Bud Spencer e Terence Hill: li conosco a memoria, eppure quando ogni tanto metto un loro dvd, rido sempre come se li vedessi per la prima volta! Quella loro leggerezza mi ha profondamente ispirato quando ho scritto il mio unico libro pseudo-giallo, molto ironico: “L’Organizzazione Segreta: il mistero dei musicisti scomparsi”. Per leggere quel libro, però, devi essere uno che non si prende molto sul serio per capirne l’ironia.»
 
L’ho letto di recente e mi è piaciuto un sacco. Me l’ha segnalato la mia collaboratrice Enza, che ti seguiva ai tempi in cui gestivi il sito “Europe in Italy”. Ce l’aveva fatto inserire pure in uno dei nostri primi consigli di lettura del giorno.

«Sì, ho visto e vi ringrazio. Grazie anche per la bella prefazione che hai scritto per “La Ragazza Bionda sulla Panchina”. E per aver scelto proprio il mio libro per il vostro primo contest. Speriamo che sia una piacevole lettura estiva per la maggior parte delle persone che lo leggeranno per partecipare al contest.»
 
E anche per quelli che lo leggeranno solo perché è bello e merita davvero. Un’ultima domanda: preferisci i libri di carta o i libri digitale?
«Ah, non ho dubbi: digitali al 100%»
 
Nooooo! Sull’ultima domanda mi è caduto un mito: non siamo anime gemelle, allora?
Ride di cuore.
 
«Se dobbiamo vedere la questione da un punto di vista puramente romantico, è chiaro che il libro di carta ti dà quel pizzico di emozione in più. Ma sono una persona estremamente pratica e penso a tre cose non indifferenti: non sopporto avere tra le mani la carta vecchia; non ho più tanto spazio in casa per raccogliere tutti i libri che vorrei; i libri più grossi pesano un sacco e faccio fatica a tenerli in mano quando leggo a letto. E poi un e-book costa molto meno e puoi pure portarlo ovunque senza che ti faccia peso, insieme a tutti gli altri libri che hai nella biblioteca virtuale. E il vantaggio di non dover togliere la polvere dagli e-book dove lo mettiamo?»
 
Avevi detto tre cose non indifferenti. Sei già arrivata a sei, te ne sei accorta?
«Hai visto quanti motivi validi ho?»
 
Meno male che l’intervista è finita, altrimenti tra un po’ mi convinci davvero a cambiare rotta! Grazie mille, Sonia, è stata un’intervista molto piacevole.

Fin troppo piacevole: arrivato al momento di “sbobinarla”, infatti, mi son reso conto che è stata un’intervista davvero lunghissima. Ma ho deciso di non tagliare nulla e di riportarla più o meno fedelmente, per come l’ho registrata. Perché, come ha detto Sonia:

“In fondo i lettori più gradevoli sono quelli che amano anche divagare e non prendere tutto troppo sul serio.”

Come spero siate tutti voi, cari amici di LIBRO DEL CUORE.
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Il sito ufficiale di Sonia: htttp://www.soniaroccazzella.it
 
La scheda del libro di Sonia: LA RAGAZZA BIONDA SULLA PANCHINA (2017) >>